"La televisione uccide la realtà". Baudrillard

"La realta' e' stata sterminata e con essa e' scomparsa ogni illusione: la realizzazione totale del mondo, la fabbricazione di un mondo perfettamente identico a quello umano hanno provocato la fine del nostro mondo imperfetto. La televisione? Certo e' stata un complice importante di questo delitto. Proponendoci un raddoppiamento del mondo, i media offrono un' immagine che sempre piu' fa a meno di ogni riferimento al reale, un' immagine di sintesi che ha preso il sopravvento sulla realta' stessa. Non c' e' piu' dialettica, perche' l' immagine si presenta come universo autonomo senza negativita' . L' immagine riproduce immagini e basta, non e' piu' rappresentazione non ha piu' bisogno di un avvenimento reale per generarsi". Jean Baudrillard

sabato 21 maggio 2011

E' il potere dell'ubiquità propria di Dio.....

E' il potere dell'ubiquità propria di Dio. Su facebook la mia amica Susanna Panfili, sarcastica come sempre, ironizza così a proposito dell'invasione dell'etere da parte di Silvio Berlusconi. Nel disperato tentativo di recuperare la sconfitta milanese e la delusione napoletana, il capo del governo, contro tutte le regole di democrazia moderna ha riempito il piccolo schermo con il suo volto, grazie a un format ripetitivo e pietoso. Mi pongo tuttavia una domanda angosciante: chissà se gli italiani e i milanesi cadranno ancora una volta nella trappola di quei ridicoli monologhi di Silvio Berlusconi in tv che ricordano molto le trasmissioni di propaganda che diffondeva la nomenklatura sovietica ai tempi di Bresnev? Io spero proprio di no, spero che dopo tutto quello che è accaduto qualcuno sia rinsavito? Come si fa a dare ancora credito all'uomo di Arcore? Come si fa a credergli quando fa promesse strumentali mai mantenute a fini puramente elettorali? Come si fa a non capire che quel uomo è un imbroglione in malafede? Se, Dio non voglia, Letizia Moratti riuscisse a resuscitare significherebbe che ogni speranza è perduta. Viceversa, se malgrado la prepotenza mediatica e altre sorprese a cui dobbiamo preparaci nei prossimi giorni, Giuliano Pisapia strappasse palazzo Marino alla signora Moratti e al cavalier Berlusconi significherebbe che il vento è davvero cambiato.

martedì 17 maggio 2011

La caduta del cavaliere a Milano. L'inizio della fine?

La notizia è inequivocabile: il cavalier Silvio Berlusconi, carico di arroganza e illegalità, manie sessuali e malafede, è stato sconfitto. Ora il centro sinistra milanese non deve fare sciocchezze se vuole vincere tra quindici giorni a Milano ma resta il dato che non lascia margini a dubbi. La politica di scontro frontale con la magistratura e la Corte Costituzionale per difendere i propri interessi, l'uso scriteriato del parlamento, l'utilizzo delle promesse preelettorali, come il blocco delle demolizioni di stabili abusivi a Napoli, i continui tentativi di demolire gli assetti costituzionali non hanno pagato. Il modello Santanchè si è preso una bella facciata e mi sa che donna Daniela dovrà di nuovo rifarsi il look. I voti di preferenza per Silvio Berlusconi si sono dimezzati e ora si apre una stagione assai difficile per il centro destra. Il capo del governo non ha soltanto politicizzato la campagna elettorale ma ha mostrato di non essere più in grado di fare previsioni: soltanto poche ore fa sosteneva che Letizia Moratti avrebbe vinto al primo turno e invece donna Letizia ha preso una batosta durissima, grazie anche ai suoi colpi bassi inferti a Giuliano Pisapia nella speranza di diffamare l'avversario e strappare qualche voto moderato in più. In questi quindici giorni l'avversario Berlusconi non va sottovalutato, Pisapia non deve commettere lo stesso errore che la sinistra ha commesso in questi anni. L'uomo si batterà come un leone per risalire la china ma avrà i suoi problemi: intanto la sua Letizia deve recuperare circa 8 punti percentuali e poi non potrà usare toni da crociata perché sono proprio quei toni che hanno portato alla sconfitta. Sono quei toni che spingeranno una parte del centro a votare per Pisapia al secondo turno. Ed è qui che iniziano i guai: per sua natura il cavaliere non ce la fa ad essere moderato, crollerebbe tutto il suo castello demagogico mediatico se abbandonasse la grinta da irriducibile. E dunque potrebbe anche farsi del male da solo. Speriamo. Ma speriamo soprattutto che Milano sia il segno di un cambiamento d'epoca. L'inizio della fine del berlusconismo, la iattura che si è infiltrata nei gangli della società italiana da quindici anni.

giovedì 12 maggio 2011

Che figura di m. signora Moratti

La signora Letizia Moratti, per paura di perdere le elezioni ha perso il suo aplomb e per un giorno ha provato a travestirsi da Daniela Santanchè nella speranza di colpire il suo avversario Giuliano Pisapia sotto la cinta. Come spiega bene sul Corriere della Sera Luigi Ferrarella, la signora di Palazzo Marino, invece, ha toppato alla grande: si è fidata dei pasdaran del Cavaliere che le consigliavano di andare giù dura, senza remore e nell'attaccare il suo avversario, accusandolo di essere stato condannato per furto negli anni '80, si è fermata alla sentenza di primo grado. Si è dimenticata che in Italia ci sono altri due gradi di giudizio: appello e cassazione. E quando ormai era troppo tardi gli hanno spiegato che in tutte e due i gradi Giuliano Pisapia è stato assolto dall'accusa di furto per non aver commesso il fatto. Scusi il linguaggio in linea con quello inaugurato da Ignazio La Russa e Silvio Berlusconi: Che figura di merda signora Moratti! Negli Stati Uniti una gaffe di questo tipo sarebbe costata cara a un candidato. Ma qui siamo in Italia. Anche la figuraccia su Roberto Lassini in un paese normale gli sarebbe costata cara ma da noi sembra che gli abbia accresciuto i consensi. Speriamo che l'anomalia non si ripeta anche con il caso Pisapia. Restano due figure di merda, caro sindaco.

martedì 10 maggio 2011

Che finezza Cavalier Berlusconi!

Sul quotidiano la Repubblica, Francesco Merlo, ha scritto un articolo a proposito delle volgarità linguistiche di Berlusconi e dei suoi cloni al femminile come l'orrenda Santanchè, che ci permettiamo di citare. Merlo pone un problema apparentemente secondario, quello del linguaggio, ma in un epoca in cui la simbologia mostra tutta la sua potenza evocativa, il linguaggio è un arma micidiale, soprattutto in politica. La innovazione linguistica più recente del nostro amato premier a proposito dei magistrati di Milano è la parola cancro, "un cancro da estirpare". Per non essere da meno la signora Santanchè, principessa delle volgarità fisica e intellettuale, è stata più precisa, trattasi di metastasi e questo processo degenerativo del cancro in Italia ha un nome e cognome: Ilda Boccassini. Scrive giustamente Francesco Merlo: "Il rimando è alla violenza fisica, al bisturi, alla spietatezza del chirurgo. Dopo la parola "cancro" non c'è più spazio per le parole. Cancro è infatti la parola terminale, fuori dalla civiltà della democrazia, oltre la detestabilità del nemico. Berlusconi l'ha usata contro i magistrati e, in polemica ipocrita e contorta, contro il presidente Napolitano, dinanzi al quale non ha osato ripeterla...Il cancro invece ti pone davanti non più un avversario e neppure un nemico che è ancora una persona da abbattere. Il cancro è una mostruosità da devastare: con il bombardamento chimico, con l'estirpazione, con qualunque mezzo cruento. Siamo alla preparazione psicologica della guerra civile. Con il cancro infatti non c'è più bisogno di discutere né c'è tempo di ragionare: bisogna agire presto". E' possibile che un uomo di Stato, un capo di governo utilizzi questo linguaggio per definire un altro corpo dello Stato ed ora anche singoli magistrati? Forse Berlusconi cerca lo scontro, spera che i magistrati di Milano reagiscano in modo da cadere nella trappola della incompatibilità ambientale. Ma al di là delle tecniche politiche quel linguaggio resta indegno. Tentare di costruire nell'immaginario collettivo un richiamo di pancia contro i magistrati, identificandoli con la malattia che tutti gli essere umani considerano il male assoluto, la fonte più oscura di sofferenza è davvero sconcio, caro Presidente Berlusconi. Chissà se lei queste cose se le chiede quando si guarda allo specchio. Temo di no.

venerdì 6 maggio 2011

Grazie sindaco Moratti per aver mantenuto la parola.

Così, cari milanesi, il signor Roberto Lassini, autore del manifesto "Via le br dalle procure", e la signora Letizia Moratti, sindaco di Milano, ci hanno di nuovo preso per i fondelli. Vorrei essere più volgare ma voi avete capito. Come si può dimenticare l'aut aut della signora di palazzo Marino? "O io o lui", aveva tuonato la Moratti Letizia a proposito della candidatura di Roberto Lassini nelle liste del Pdl. E come si può scordare il furbetto Lassini: "Se sarò eletto mi dimetterò". Ora, a un mese da quelle dichiarazioni altisonanti veniamo a sapere dal signor Lassini che lui se verrà eletto non ha alcuna intenzione di dimettersi e veniamo a sapere dalla signora Moratti che quell'aut aut si è trasformato in "Io e lui" insieme appassionatamente per ammorbare ancora Milano per quattro anni. La ragione è evidente: i sondaggi dicono che dalla "pancia" dell'elettorato berlusconiano quei manifesti porteranno voti. Chi se ne frega se Giorgio Napolitano li ha definiti indecenti. Questa presa per il culo, (l'ho usato il termine politically no correct!), è insopportabile. La politica non è soltanto programmi è anche stile e dalle parti di palazzo Marino di stile ce n'è davvero poco. Sotto il vestito niente. E dire che qualcuno ci aveva creduto alle parole della signora Moratti. Aveva ragione Andreotti: nella politica italiana a pensar male non si sbaglia mai. Speriamo che i milanesi chiamati alle urne non abbiano la memoria corta. Temo di sì ma la speranza è l'ultima a morire.

martedì 3 maggio 2011

Osama Bin Laden: la potenza del simbolo.

Le geniali intuizioni di Jean Baudrillard sulla potenza dell'immagine e dei simboli, (riportiamo in cima alla testata del blog una citazione del filosofo francese), possono diventare una chiave di lettura interessante nel dibattito che si aperto nel mondo occidentale a proposito della gestione delle atroci immagini sulla morte del capo di Al Qaeda. Temo che non si tratti soltanto di una questione filosofica ma di qualcosa di molto più stringente. Dietro il dilemma che si pone ad esempio Massimo Gramellini sulla Stampa, ("Mostrare o non mostrare le immagini di Bin Laden"), si nasconde un problema più drammatico e più crudo: che cosa rappresentava e che cosa rappresenta Bin Laden e la sua strategia del terrore per i milioni di uomini e donne conquistati dall'integralismo islamico alla causa della guerra totale all'occidente? A due giorni dalla morte di Bin Laden ci sono quelli che sostengono che le sue foto vanno tenute nascoste e quelli che sostengono il contrario ma al di là di questa questione che si risolverà con la diffusione delle immagini c'è quel quesito sul potere simbolico e reale di Bin Laden che non si può nascondere, perché sarebbe ipocrita e fuorviante non riconoscere il fatto che Al Qaeda e il suo grande capo avevano conquistato alla loro causa non soltanto una ristretta cerchia di terroristi di professione ma centinaia di migliaia di persone, di uomini e donne che vivono nei paesi poveri conquistati dall'integralismo e che vedevano nel re del terrore un riscatto alla loro condizione. Se non si fanno i conti con questa triste ma innegabile realtà non si capisce perché oggi il mondo intero si stia lambiccando il cervello su come gestire l'immagine di Osama Bin Laden. E non si capisce perché Al Qaeda sia cresciuta in modo impressionante nel mondo e abbia messo radici nelle popolazioni del continente africano. E' per questi motivi che la lotta al terrorismo non si può dire conclusa. Lo si dice troppo spesso ma è vero che il terrorismo di Al Qaeda sarà davvero battuto quando verranno eliminate alla radice le ragioni della sua nascita. Da questo punto di vista le rivolte nel nord Africa, dove Al Qaeda no ha messo radici, sono un segno di grande speranza ma anche un avvertimento all'occidente: se non verranno alimentate e aiutate potrebbero cadere nella rete di Al Qaeda.

venerdì 29 aprile 2011

Appello su referendum e nucleare: grazie zio!

Mi è piaciuta l'uscita di zio Adriano a favore dei referendum sul nucleare, sull'acqua e sul legittimo impedimento. Se dovessi scrivere una nuova edizione del mio libro, "Memorie di zio Adriano", darei a questo nuovo capitolo un posto di rilievo. Una scossa che ci voleva e che contribuirà a fare uscire dal torpore anche una parte della sinistra. Un colpo alla demagogia e alla malafede che contraddistingue il premier e i suoi grilli parlanti. Dopo la vergognosa quanto arrogante decisione del nostro amato premier che senza pudore ha spiegato al mondo intero in una conferenza stampa internazionale che aveva preso in giro gli italiani al solo scopo di evitare i referendum e subire così una sconfitta politica, l'appello di Adriano ha smosso gli animi dormienti e si spera che contribuisca a rilanciare il referendum. Adriano ha milioni di fans dalla sua, come ha dimostrato Rockpolitik che nel 2005 conquistò ogni settimana 14/15 milioni di ascoltatori. Non è detto che tutti i suoi fans siano disposti a seguirlo nella sua recente scelta politica ma dai primi dati registrati dalla rete, dove i fan club sono molto presenti, i segnali sono confortanti. Si spera che gli artisti che hanno aderito all'appello siano coraggiosi quanto lo zio e si espongano in prima persona per ottenere i referendum e per smascherare la truffa di democrazia operata dal governo Berlusconi sul tema del nucleare.

mercoledì 27 aprile 2011

Cosa abbiamo fatto per meritarci tutto ciò?

Non so se essere incazzato o depresso dopo la rassegna stampa dei quotidiani. Forse tutti e due. Mi chiedo in primo luogo che cosa abbiamo fatto di male per meritarci un ceto politico dirigente come quello che in questo momento ha nelle sue mani le redini del paese. E contino a chiedermi perché gli italiani non si incazzano? E' vero, come diceva qualcuno di importante, che ogni popolo si merita il governo che ha, ma questa volta è troppo. Prendete la storia del referendum sul nucleare: per quanto tempo ancora gli italiani sopporteranno di farsi prendere così spudoratamente per i fondelli? La questione del nucleare è una cosa seria, segna i destini di un popolo, il suo modo di gestire la società industriale. E gli italiani si erano già pronunciati anni fa. Poi è scoppiato il caso Giapponese. Paesi più seri di noi hanno scelto uno stop vero al nucleare, noi avevamo scelto il referendum. E' mai possibile che una questione come questa sia in balia dei tatticismi del capo del governo e del suo timore che gli italiani si pronuncino sul legittimo impedimento? E' possibile che nel giro di un mese si sia cambiata posizione per ragioni legate ai destini di palazzo Chigi? E la guerra alla Libia? Come può essere credibile agli occhi della storia un personaggio come il premier che passa da "non disturbiamo Gheddafi", al "non bombarderemo mai la Libia" fino alla più imbecille delle spiegazioni sui bombardamenti chirurgici per convincerci che vanno bene? C'è davvero da vergognarsi ad avere un capo del governo simile che ti rappresenta nel mondo. Il guaio è che ora l'uomo di Arcore si è messo in testa di andare al Quirinale. Di fronte a una tragica prospettiva di questo tipo non ci sono più parole. L'unica cosa che mi tira su il morale è la rubrica del Fatto Quotidiano: "Cattiverie". "Ve lo immaginate cosa accadrebbe se Berlusconi fosse al posto di Napolitano? Vestirebbe le troie da corazzieri".

martedì 26 aprile 2011

Titoli tossici: a volte ritornano.

Il Sole 24 ore di martedì 26 aprile apriva la prima pagina sul ritorno dei titoli a rischio con un inchiesta di Claudio Gatti. Ci permettiamo di pubblicare l'incipit del pezzo di Gatti perché ci sembra di grande attualità. Che dei titoli sintetici, quelli che hanno scatenato la devastante crisi finanziaria di fine decennio, si potesse dire, "a volte ritornano" come per i mostri di Stephen King era cosa certa. Ora Claudio Gatti ha messo nero su bianco quello che sta accadendo. Si spera che le istituzioni di controllo dei mercati riescano a prevenire un nuovo crack prima che sia troppo tardi. Ecco come inizia l'inchiesta di Claudio Gatti: "La finanza e il ritorno della sregolatezza. A febbraio è cominciato il brusio tra gli addetti ai lavori. A marzo i rumors sono arrivati agli analisti. Ad aprile sono scattati i primi campanelli d'allarme. Come quello lanciato dal Financial Stability Board sulle «potenziali vulnerabilità» della nuova categoria di prodotti finanziari sintetici chiamati Etf. Simultaneamente si è registrato un vero e proprio boom di Asset backed securities (Abs) con prestiti auto come sottostante, cioè cartolarizzazioni garantite dai flussi di cassa di una categoria di debito a rischio di mora molto alto.

Settembre 2008, bancarotta di Lehman Brothers. È stato il punto di svolta per otto milioni di americani rimasti senza lavoro nel grande crack finanziario che l'ha seguita. Per i nove milioni ai quali è stata pignorata l'abitazione. E per l'economia di tutto il mondo.


L'ironia è che l'unica strada d'America in cui ci sono stati meno cambiamenti è proprio quella da cui tutto è partito: Wall Street. Certo, il settore finanziario si è contratto, le cartolarizzazioni di mutui tossici sono cose del passato. Ma i regolamenti attuativi della riforma del sistema finanziario - la legge Dodd-Frank siglata da Barack Obama nel luglio scorso - non sono entrati in vigore. Anzi, li si attende ancora dalle cinque agenzie federali che li devono definire. Nel frattempo, nella finanza sono riemersi i tre ingredienti della ricetta che due anni e mezzo fa ha prodotto il grande crack: la liquidità, i prodotti o le operazioni borderline, e la propensione a correre rischi sempre più forti.

Martedì 19 aprile Hedge Fund Research ha comunicato che il denaro amministrato dagli hedge fund ha sfondato per la prima volta nella storia il tetto dei 2mila miliardi di dollari. Superando di 72 miliardi il record precedente raggiunto nel giugno 2008. Insomma, per i fondi hedge tutto come prima".


sabato 23 aprile 2011

La Francia di Sarkozy e l'Italia di Berlusconi.

Tra i commenti del giorno, quello che mi ha maggiormente preoccupato è a firma Massimo Nava sul Corriere della Sera: "Lo sguardo fisso al sondaggio per l'Eliseo: "L'Eliseo trema di fronte all'ennesima impietosa previsione che annuncia la sconfitta di Sarkozy alle presidenziali e la probabile eliminazione al primo turno a vantaggio di Marine Le Pen leader del fronte nazionale". Sono davvero messi così male in Francia? Nava aggiunge che i sondaggi di oggi possono mutare visto che le elezioni in Francia si terranno l'anno prossimo e ancora i socialisti non hanno designato il loro leader, ma al solo pensiero che nel paese della rivoluzione francese al primo turno possa vincere Marine Le Pen fa venire i brividi.
D'altronde noi non siamo messi meglio, visto che il nostro capo di governo dipende totalmente dalla Lega. Un dato positivo, tuttavia, c'è: il Pdl è ormai all'implosione: tralasciando l'inaudito attacco del ministro Galan al collega Giulio Tremonti lanciato sul Giornale, il caso Lassini è emblematico dello stato di pericolosa follia che domina il partito di maggioranza. Siamo al paradosso: il candidato del Pdl mette in giro il famigerato manifesto "Via le Br dalle procure", pochi giorni dopo un discorso di Berlusconi che definisce i magistrati brigatisti. Il presidente della Repubblica prende carta e penna e definisce ignobile quell'attacco ai magistrati, tanto da dedicare il giorno della memoria ai magistrati milanesi caduti a Milano sotto i colpi delle Br. La mossa del Quirinale crea imbarazzo: Letizia Moratti tuona: "O io o lui", il signor Lassini annuncia di volersi fare da parte e dice di aver scritto una lettera di scuse a Giorgio Napolitano, il Pdl scarica Lassini. Ma i peones e lo stesso Quirinale non hanno fatto i conti con l'arroganza del grande capo Silvio Berlusconi, che non solo non prende le distanze dall'autore del manifesto ma lo invita a restare nelle liste per essere eletto grazie anche all'appoggio esplicito del Giornale. Un modo neppure tanto velato per dire alla Moratti, a Napolitano, a Schifani e ai suoi che avevano osato una scelta politically correct: "Io me ne frego". Viene in mente il famoso discorso di Mussolini alla Camera: "Se il fascismo è un'associazione a delinquere, io sono il capo di quest'associazione a delinquere...".

mercoledì 20 aprile 2011

Il gigante Usa e il drago cinese

«Speriamo che il Governo americano adotti politiche responsabili per salvaguardare gli interessi degli investitori» ha detto ieri il ministero degli Esteri di Pechino, maggior creditore del Tesoro Usa con più di 1.100 miliardi di dollari di titoli Usa in portafoglio". Era questa la notizia che dominava la prima pagina del Sole 24 ore. Una notizia senza precedenti che mostra quanto sia ormai forte la dipendenza dell'economia americana dalla Cina. E' vero, l'India e il Giappone non sono così preoccupati come la Cina ma il monito pesa comunque, perché mostra quanta parte del debito Usa sia nelle mani di Pechino. Si è detto tante volte che forse siamo a un passaggio cruciale nelle leadership delle potenze. Il monito di ieri ci conferma comuqnue che il neo bipolarismo è tra Cina e Stati Uniti. La notizia d'altronde segue quella più importante, anch'essa senza precedenti. La decisione di Standard & Poor’s di confermare il rating di ‘Tripla A’ degli Stati Uniti ma di rivedere l’outlook a negativo da stabile.
L’economia Usa – si legge in una nota dell’agenzia di rating, la cui decisione non ha precedenti nella storia recente –e’ flessibile e altamente diversificata e le politiche monetarie del Paese hanno sostenuto la produzione contenendo le pressioni inflazionistiche”. Tuttavia ”poiche’ gli Usa hanno un deficit molto ampio rispetto agli altri Paesi con tripla A, e il percorso per ridurlo non ci e’ chiaro, abbiamo rivisto il nostro outlook sul rating di lungo termine a ‘negativo’ da ’stabile’”.Poche note per una decisione storica che difficilmente potrà essere rivista nel breve periodo.

martedì 19 aprile 2011

Il mandante si chiama Silvio B.

"Via le br dalle procure". Chi è l'ideatore, il regista, l'ispiratore di quel manifesto che sta mettendo in crisi i rapporti istituzionali tra Palazzo Chigi e il Quirinale, che ha spinto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a fare un passo istituzionale per denunciare "l'ignobile offesa alle vittime"? Il Pdl Roberto Lassini ha detto di essere stato lui il responsabile del manifesto, ha rivendicato la regia dell'operazione politico elettorale e per questo è stato iscritto nel registro degli indagati per vilipendio dell'autorità giudiziaria. Tutto a posto dunque? Solo l'ipocrisia e la malafede possono farci credere che la partita sia soltanto quella di un signore, tale Lassini, che ha deciso di farsi la campagna elettorale con un manifesto osceno. Anche i più ciechi capiscono che il vero mandante di quel manifesto ha un nome assai noto: Silvio Berlusconi. E anche i più codini dei suoi collaboratori sanno bene che Giorgio Napolitano si è rivolto al premier e non al candidato Lassini quando ha sollevato il problema istituzionale davanti al Csm. Va bene che di questi tempi la memoria è corta ma è stato il capo del governo soltanto una settimana fa a definire brigatisti i Pm milanesi. Il servo Sciocco ha soltanto messo in pratica i desideri del padrone. E se il premier non è stato denunciato come il suo candidato Lassini è soltanto perchè la procura di Milano non vuole cadere nella trappola delle provocazioni lanciate dal premier.

domenica 17 aprile 2011

I deliri di Silvio Berlusconi: linguaggio elettorale o lucida follia alla ricerca dello scontro?

"Associazione a delinquere", "eversivi", "brigatisti". Il vocabolario di Silvio Berlusconi per definire i pm milanesi ed ora anche i giudici della Corte Costituzionale è ricchissimo ed ogni giorno si colora di un nuovo insulto. In un paese normale nessun capo di governo si potrebbe permettere di attaccare così violentemente e così gratuitamente una delle tre istituzioni che reggono l'architettura repubblicana ma pare che in Italia tutto sia possibile, l'inimmaginabile diventa realtà. Anche i colonnelli del premier, scriveva la Repubblica, si sono meravigliati della violenza con la quale il Cavaliere ha attaccato la magistratura e sono in molti a chiedersi se ci sia una ragione, una lucida follia che guida questa strategia. Molti pensano a ragioni di carattere elettorale: chiamare a raccolta a Milano il popolo della libertà per tamponare il calo di consensi di Letizia Moratti. C'è sicuramente anche questo. Ma parecchi osservatori cominciano a pensare che Silvio Berlusconi sia alla ricerca dello scontro o forse dell'incidente: una provocazione mirata. Giangiacomo Schiavi, sul Corsera, nel denunciare il manifesto che paragona i magistrati di Milano ai brigatisti, osserva che questa escalation non provoca solo quelli come l'autore del manifesto, tale avvocato Roberto Lassini in lista nel Pdl a Milano, ma anche qualcun altro, chi ad esempio a inviato a Zaia dei proiettili o chi "ha fabbricato un'installazione con due macabre pistole di gesso che sembrano mirare una faccia che somiglia a quella del premier". Pare che il nostro Cavaliere errante non se ne renda conto quando straparla di associazione a delinquere o delira sugli eversivi della procura. A meno che, per ragioni elettorali, un incidente di percorso lo abbia messo in conto.

venerdì 15 aprile 2011

Follie di sinistra: il golpe immaginario del professor Asor Rosa

Dopo le innumerevoli lucide follie di Silvio Berlusconi, tutte mirate a minare alle fondamenta l'assetto costituzionale e repubblicano uscito dal secondo dopoguerra, è scattata la micidiale trappola. E così è partita come un fulmine una follia di sinistra, firmata Alberto Asor Rosa. Che cosa ha scritto Asor Rosa sul quotidiano il manifesto? Dopo aver proposto una diagnosi per certi versi condivisibile sul berlusconismo e sui suoi pericoli, sulle insidie per la democrazia insite nel suo programma politico istituzionale, (annullamento della separazione dei poteri, assoggettamento della magistratura al potere politico, presidenzialismo senza contropoteri), l'intellettuale Asor Rosa propone una terapia davvero folle. Che si badi bene non è la rivolta di massa o la rivoluzione popolare, come sta avvenendo nei paesi del Nord Africa. o come ci si aspetterebbe da uno che si iscrive nella tradizione del movimento operaio. E non è neppure la rivoluzione di un ristretto nucleo di bolscevichi. No, è un golpe. Guidato da chi? Dai carabinieri e dalla polizia!!! "Ciò cui io penso - scrive Asor Rosa dopo aver scartato l'ipotesi di una rivolta dal basso - è invece una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall’alto, instaura quello che io definirei un normale «stato d’emergenza», si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d’autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d’interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l’Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale.

Insomma: la democrazia si salva, anche forzandone le regole. Le ultime occasioni per evitare che la storia si ripeta stanno rapidamente sfumando. Se non saranno colte, la storia si ripeterà. E se si ripeterà, non ci resterà che dolercene. Ma in questo genere di cose, ci se ne può dolere, solo quando ormai è diventato inutile farlo. Dio non voglia che, quando fra due o tre anni lo sapremo con definitiva certezza (insomma: l’Italia del ’24, la Germania del febbraio ’33), non ci resti che dolercene". Se l'articolo di Asor Rosa non fosse scritto con linguaggio serioso, sembrerebbe un reperto giornalistico del Male, il quotidiano satirico che imperversava anni fa. Ma non è così. Alberto Asor Rosa ha fatto capire che si tratterebbe di una provocazione. Sarà! Per il momento l'unico esito che ha avuto la sua provocazione è una campagna di stampa costruita ad arte da Giuliano Ferrara che può finalmente gridare al golpe di sinistra. Meno male che il suo Foglio conta meno di niente e che le idee di Asor Rosa sono così assurde da non essere credibili. Non a caso Giuliano Ferrara tenta di allargare le responsabilità del presunto desiderio di golpe al partito di Repubblica e al partito dei giudici. Ma poi, anche se i paralleli storici proposti da Asor Rosa fossero fondati,('24 in Italia, '33 in Germania), ve li immaginate i carabinieri e la polizia che occupano il parlamento, prendono possesso della Rai, mandano al confino Silvio Berlusconi e magari anche Giorgio Napolitano e poi instaurano un governo d'emergenza guidato da Luigi Bersani? Oppure sarebbe Giorgio Napolitano a guidare il golpe costituzionalista? Ma professor Asor Rosa, che cosa ha mangiato la sera prima di scrivere quell'articolo?

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mercoledì 13 aprile 2011

La profezia di Veronica Lario. Un commento sul manifesto di Ida Dominianni.

"Vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo...ho cercato di aiutarlo...ho implorato le persone che gli stanno vicino di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E' stato inutile". Alla luce di quanto è accaduto e soprattutto alla luce delle due ultime testimonianze delle diciottenni Chiara Danese e Ambra Battilana, le parole pronunciate nel 2009 in un'intervista da Veronica Lario, ex moglie del premier Silvio Berlusconi, fanno una certa impressione. Sono parole profetiche su quanto è accaduto e forse testimoniano che lei sapeva tante cose dell'uomo tenuto accanto per tanto tempo. La scena nella quale Silvio Berlusconi racconta una delle tante barzellette da avanspettacolo degli anni '60 e chiede alle ragazze di baciare il pene del Priapo e di prenderlo in bocca, rende bene l'idea di un "maiale" ma anche di un uomo che ha qualche problema mentale. E illumina come non mai la profezia di Veronica Lario. E comunque contrasta con il ruolo pubblico che Silvio Berlusconi dovrebbe rivestire con più dignità per sé e per gli italiani che vorrebbe rappresentare. La mia paura è tuttavia che a quella scenetta da basso impero del Priapo vorrebbero partecipare milioni di uomini italiani. Nessuno lo confesserebbe davanti alla propria moglie o al proprio figlio ma temo che in quella veste Silvio Berlusconi sia ancora una volta il prototipo di un certo tipo di uomo. Sul manifesto di oggi Ida Dominianni scrive un commento molto interessante dal titolo: "Le sue bambine". "Le sue bambine non sono tutte a sua disposizione - scrive Dominianni riferendosi alle ultime testimonianze - Quale che sarà la verità giudiziaria è firmata da loro la sua fine politica. E con la sua fine politica la fine di un'epoca, di un'etica e di un'estetica". Spero che Ida abbia ragione. Io non sarei così ottimista.

Fahrenheit 451? Le idiozie dal sapore fascista della Carlucci.

L'idiozia di Gabriella Carlucci ci mancava davvero! Dopo le barzellette del premier, il "Fora dai ball" di Umberto Bossi, la richiesta di uscire dall'Europa di Roberto Maroni, la minaccia di Castelli, "Per ora non possiamo sparare agli immigrati", ci mancava la proposta di Gabriella Carlucci del Pdl di mandare al macero i testi di scuola "comunisti e antiberlusconiani". Ve lo ricordate il film di fantascienza Fahrenheit 451, ispirato al romanzo di Ray Bradbury, nel quale si bruciavano i libri? Non è necessario andare tanto lontano con la fantasia basta tornare al ventennio fascista o peggio alla Germania hitleriana per trovare una simile scempiaggine. Eppure la signora Carlucci, (per la quale vale una battuta di un mio vecchio amico: "Sa cosa c'ha di bello lei? Niente"), quelle parole le ha pronunciate: "Ci sono troppi testi scolastici di storia che gettano fango su Berlusconi...bisogna subito istituire una commissione d'inchiesta sull'imparzialità dei libri scolastici. A chi è fazioso, (udite! udite!) daremo il tempo di adeguarsi prima di ritirare il prodotto dal mercato". Come si può constatare un'idiozia assai insidiosa che se la prende con manuali di storia di alto livello scientifico che hanno formato intere generazioni come quello dello storico Della Peruta, il Camera Fabietti, il Saitta, il Villari e da ultimo il manuale della coppia Revelli-Ortoleva. Marco Revelli ha reagito così: "Sì nel mio manuale ho parlato di rigore morale di Oscar Luigi Scalfaro. E allora? Lui non ha mai fatto il bunga bunga. Essere messo in una lista nera da un branco di ignoranti mi fa piacere, è come ricevere una medaglia".
MarcoRevelli è ancora politically correct. Dato che non sono un ministro e non mi rivolgo al presidente della Camera io invece posso usare nei confronti della signora Carlucci lo stesso epiteto che Ignazio La Russa ha usato verso Gianfranco Fini: ve lo ricordate il vaffa...? Sì proprio quello.


lunedì 11 aprile 2011

La folle idea di uscire dall'Europa

"Mi chiedo se abbia un senso restare nella Ue", dixit Roberto Maroni, ministro degli interni del governo italiano guidato da Silvio Berlusconi. Quelle poche parole, al di là delle ragioni o dei torti sul tema dell'immigrazione, devono aver provocato un brivido dietro la schiena a personaggi come Carlo Azeglio Ciampi che per una buona parte della loro vita si sono battuti per il nostro ingresso nell'Unione Europea e dunque nell'area dell'Euro. Si spera che quella battuta, già enfatizzata dal Giornale, il quotidiano della famiglia Berlusconi, come una ipotesi possibile, sia frutto della frustrazione per la poca credibilità che l'Italia ha scoperto di avere presso le cancellerie dei suoi più stretti alleati. Perché se invece fosse l'inizio di una nuova strategia della Lega e del governo Berlusconi saremmo davvero nei guai, le prospettive del nostro paese e della sua collocazione internazionale ci dovrebbero preoccupare seriamente. Nessuno ancora se lo è chiesto esplicitamente: che cosa vorrebbe dire uscire dall'Unione Europea? Significherebbe uscire dall'Euro e magari ritornare alla lira, tanto cara alla cultura leghista? Se così fosse, se non avessimo lo scudo dell'Euro, sarebbe un disastro. Non c'è bisogno di essere esperti di economia per capire che nel giro di qualche anno l'Italia sprofonderebbe ai livelli dei paesi sudamericani meno evoluti. Un'uscita dell'Italia dall'Euro e un ritorno alla lira provocherebbero una drastica svalutazione della nostra moneta e un'inflazione a due cifre modello Argentina ai tempi di Menem con tutte le conseguenze sull'economia reale.
Meno male che al Quirinale c'è Giorgio Napolitano che ha mantenuto quel grado di saggezza necessario a evitare strappi di follia. Resta sul campo il fallimento della politica italiana in Europa, indice di una bassissima affidabilità di questo governo in Europa e nel mondo. D'altronde non ci potevamo aspettare di meglio da un paese governato da Silvio Berlusconi, screditato a tutti i livelli grazie alle sue performance politico-gudiziarie.

domenica 10 aprile 2011

"Imprenditori di tutta Italia unitevi". Emma Marxcegaglia.

"Noi imprenditori mai soli come ora". Il grido di Emma Marcegaglia, lanciato via web in stile Berlusconiano, dovrebbe preoccupare in primo luogo Silvio Berlusconi. Non sappiamo se ci siano contatti tra il presidente di Confindustria e il predecessore Luca Cordero di Montezemolo, ma è certo che nel video ci sono almeno due elementi politici che si leggono tra le righe: la fine di uno strisciante collateralismo tra il governo Berlusconi e la più importante associazione di industriali dopo la constatazione che la "scossa" all'economia è già roba del passato e e l'inizio di una fase nuova nella quale gli imprenditori vogliono avere un ruolo politico di primo piano. Da questo punto di vista gli Stati Generali degli imprenditori, convocati per 6/7 maggio a Bergamo assumeranno un peso politico che andrà oltre le intenzioni degli organizzatori. Il fatto che Montezemolo abbia applaudito il discorso di Emma Marcegaglia in modo plateale, dimostra che sul fronte politico imprenditoriale qualcosa si sta muovendo. Se poi si aggiunge il sondaggio swg su Montezemolo, (il 59% approva la sua discesa in campo e il 36% lo voterebbe) il mosaico si completa.

sabato 9 aprile 2011

E la scossa dell'economia?

Ve la ricordate la scossa annunciata in pompa magna il 9 febbraio scorso dal governo Berlusconi per far crescere l'economia italiana al pari dei nostri partner europei? Probabilmente deve essere mancata la corrente e noi non ce ne siamo accorti. Perché di scosse non ce ne sono state. Il nostro piazzista a palazzo Chigi lo aveva detto a voce alta, con quei toni propagandistici che lo contraddistinguono quando deve vendere la sua merce: "Siamo a un punto di svolta. Con questa scossa rilanceremo l'economia. Siamo sicuri che ci saranno sviluppi positivi, con un impatto sul Pil dell'1,5%. L'obiettivo è raggiungere una crescita del 3%, e perché no, anche del 4% nel giro di 5 anni".
Sul quotidiano la Repubblica, il vicedirettore Massimo Giannini definisce l'operazione per quella che è: una truffa. "Annunciavano una "scossa", e invece - scrive Giannini - è stata una truffa. Oggi, a due mesi esatti dal varo del famoso "Big bang della ripresa", i nudi fatti dimostrano che il pacchetto "scossa all'economia", approvato a Palazzo Chigi il 9 febbraio scorso, è stata una banale operazione di marketing politico, una volgare "televendita", un puro diversivo. L'Italia è ferma, e il governo è immobile. È un giudizio basato sull'evidenza, non un pregiudizio dettato dall'ideologia. E non lo inficia il grande attivismo di Giulio Tremonti, sulle nomine nelle public utilities, sul ribaltone alle Generali e ora sulla nascita del Fondo salva-imprese da 20 miliardi, che nascerà lunedì sulle fondamenta della Cassa depositi e prestiti e che (anche se il ministro lo nega) somiglia tanto all'Iri del Terzo Millennio...A sessanta giorni esatti dai proclami del premier, il pacchetto si è dissolto nel nulla. Non uno di quei cinque punti spacciati come "rivoluzionari" all'opinione pubblica si è tradotto in norma di legge. Non uno di quei "miracoli" venduti alle parti sociali si è tradotto in atti concreti. Non c'è nulla. Non solo di varato, ma neanche di discusso, alla Presidenza del Consiglio, nei ministeri competenti, in Parlamento, negli enti locali. Nulla. A dispetto delle emergenze degli italiani e delle urgenze delle imprese".
La cosa più singolare è che qualche giornale ci è di nuovo cascato, di fronte all'annuncio roboante del piazzista di Palazzo Chigi ha cominciato a scrivere: "Questa volta Silvio Berlusconi fa sul serio". Speriamo che prima o poi Giuliano Ferrara, ispiratore e grande sponsor della "scossa" ci spieghi che fine hanno fatto i punti nodali di quella sofisticata opera di propaganda. Purtroppo le uniche scosse che ci vengono in mente sono tragiche: quella del terremoto in Giappone e quella dell'Aquila, dove le promesse del cavaliere, basta guardare l'immutato disastro del centro storico, hanno il sapore della beffa.

venerdì 8 aprile 2011

"Lampi nel buio". Quando Cesare salvò Silvio dal verdetto di Enrico Cuccia.

Vorrei riproporre oggi la mia recensione del libro di Paolo Panerai, "Lampi nel buio", uscita sul manifesto qualche tempo fa, perché è di grande attualità almeno per una questione: i rapporti tra Silvio Berlusconi e Cesare Geronzi. In quel libro Panerai spiega come il banchiere salvò il gruppo Berlusconi dalla catastrofe alla metà degli anni '90. Un intervento finanziario che cambiò la storia politica del nostro paese. Un evento che spiega l'amicizia tra i due e le preoccupazioni del premier per la sconfitta del banchiere.

"Lampi nel buio". "I retroscena della finanza e dell'economia italiana dal dopoguerra ad oggi". Sono davvero lampi nel buio quelli tratteggiati da Paolo Panerai nel libro di 116 pagine pubblicato dalla Mondadori. Lampi illuminanti, chiavi di lettura originali che cercano di far luce nell'oscura e opaca selva finanziaria italiana. L'autore, con tocco da cronista finanziario di vecchia data, analizza gli snodi della finanza italiana come un entomologo ma per ogni piega di quella storia fornisce una lettura. Allievo di di Lamberto Sechi, direttore del settimanale il Mondo negli anni della P2 e infine fondatore ed editore del gruppo Class, Panerai dà la sensazione di essersi trovato al momento giusto nel luogo giusto accanto agli uomini giusti. Come osservatore, come abile cacciatore di notizie, e in qualche caso come suggeritore. L'autore si addentra nei meandri più oscuri della comunità finanziaria come un novello Virgilio che ti accompagna nei gironi dell'inferno per mostrarti in verità non i condannati ma la vera natura dei protagonisti della comunità finanzaria che in molti casi, in veste di direttore o di editore, ha conosciuto da vicino. Panerai mostra ancora una volta quanto i salotti finanziari abbiano pesato nella storia del dopoguerra, quanto i grandi imprenditori italiani, da Gianni Agnelli a Carlo De Benedetti, fino a Silvio Berlusconi, siano stati influenzati e tutelati dalle casematte della finanza italiana. E quanto uomini come Enrico Cuccia o Cesare Geronzi in alcuni casi siano stati in grado con le loro scelte di dirottare il corso della storia economica e politica. Un esempio? Il triangolo Cuccia-Berlusconi-Geronzi. L'autore di "Lampi nel buio" rivela un fatto che se non fosse accaduto avrebbe certamente mutato il corso della politica italiana. Siamo alla metà degli anni '90. "Enrico Cuccia - scrive Panerai - cogliendo il momento in cui Berlusconi appariva in difficoltà finanziaria con la sua Fininvest tentò l'affondo per buttarlo giù, come del resto aveva fatto con i Rizzoli e i Ferruzzi, nuovi protagonisti della vita economica italiana che non erano andati in via Filodrammatici a chiedere protezione di Mediobanca. Cuccia tentò di metterlo in difficoltà chiedendo al Credito Italiano di imporre alla Fininvest un rientro immediato del credito di circa 300 miliardi di lire in essere. Gli uomini di Credito come quelli della Comit, che pure erano i controllori di Mediobanca, non si sarebbero mai sognati di non eseguire una richiesta di Cuccia. Così detto fatto: la richiesta partì per via Rovani, dove aveva sede la Fininvest, nella vecchia villa Borletti. Per Berlusconi sarebbe stato il crack se non fosse intervenuta immediatamente in suo soccorso la Banca di Roma, guidata da Pellegrino Capaldo e Cesare Geronzi, anch'essi azionisti di Mediobanca ma non schiavi di Cuccia. Il poche ore aprirono a Fininvest una linea di credito di pari importo e la finanziaria del cavaliere potè rientrare con il Credito Italiano. Per la società fu la svolta: da lì partì il progetto di quotazione di Mediaset, con il cambio anche di regime gestionale che fece rapidamente estrarre in termini di utile e capitalizzazione tutto il valore che Berlusconi aveva creato". Insomma, un salvataggio storico gravido di conseguenze politiche se si pensa al fatto che nel 1993 Silvio Berlusconi scese in politica anche per tutelare la sua azienda dalla montagna di debiti che aveva accumulato. Secondo Panerai quella fu comunque l'occasione per per la nascita di un rapporto molto stretto tra Cesare Geronzi e Silvio Berlusconi. Un rapporto che di recente si è consolidato grazie all'ingresso in Mediobanca di Tarak Ben Ammar, da sempre uomo di Berlusconi, nonchè amico di Vincente Bollorè, azionista di riferimento del gruppo di francesi che guidano Mediobanca assieme alle forze storiche della banca che fu guidata da Enrico Cuccia per quarant'anni. D'altronde non è soltanto Cesare Geronzi a "salvare" Berlusconi ma l'autore stesso. Quando ricostruisce l'origine della ricchezza Berlusconiana tratta il presidente del consiglio con i guanti di velluto: né esalta le capacità imprenditoriali, le intuizioni sul terreno pubblicitario senza indagare oltre. Ammette che Silvio Berlusconi trovò in Craxi "l'uovo di Colombo" ma trascura, ad esempio, di ricordare che secondo un'inchiesta giudiziaria del 1994 alcuni impianti Mediaset per le tv furono installati a suon di tangenti pagate dal fratello Paolo. Paolo Panerai è molto meno tenero con Enrico Cuccia, definito senza mezzi termini "il despota della finanza italiana", con Carlo De Benedetti o con i furbetti del quartierino. Severo anche il giudizio sull'avvocato Agnelli a proposito della vendita di Rcs alla Fiat, definito dall'autore un caso di "scippo perpetrato ai danni di Angelo Rizzoli e della sua famiglia". Insomma, "Lampi nel buio" è un libro che andrebbe letto sia da chi mastica poca finanza e ne vuole scoprire i misteri sia da coloro che magari non approveranno sempre le chiavi di lettura proposte ma ne possono apprezzare l'originalità, dovuta al fatto che l'autore è riuscito a raccontare in presa diretta le zone oscure della finanza nostrana.

giovedì 7 aprile 2011

Apocalisse in mare, caduta degli dei in terra. Un articolo di Camon.

Le prime pagine dei quotidiani stamane fanno un certo senso. Nel dipanare la quotidiana rassegna stampa per linkiesta mi sono reso conto che sulle prime pagine convivono oggi due notizie distanti tra loro, agli antipodi dell'esistenza umana: "L'apocalisse sulla rotta per l'Italia", come apre il Corriere della Sera, e "Generali, la caduta di Geronzi", come apre la Repubblica. Due mondi diversi, due universi paralleli, che convivono per poche ore soltanto perché sono accaduti nello stesso giorno. Un mondo è quello della disperazione, un altro è quello degli intrighi di potere. Avendo fatto il giornalista finanziario per anni dovrei appassionarmi di più ai retroscena della caduta di Cesare Geronzi, il banchiere più potente degli ultimi decenni dopo Enrico Cuccia. L'uomo che salvò Silvio Berlusconi da un micidiale crack, l'uomo che ha finanziato indistintamente tutta la stampa italiana, l'uomo che conosce fatti e misfatti del potere economico finanziario italiano. Ma spulciando tra i quotidiani sono rimasto invece colpito dall'altro pianeta, quello della disperazione, e da un commento che sulla Stampa viene fatto da Ferdinando Camon, di cui mi permetto di proporvi alcuni stralci.
"
Ora sappiamo la «verità» sull’immigrazione. Credevamo di saperla anche prima, ma era una bugia.
Finora la verità erano le migliaia di immigrati che s’accumulavano a Lampedusa, tanti da superare gli abitanti dell’isola, il loro bisogno di tutto («sono miserabili»), le loro pretese («sono intrattabili»), le loro rampicate su per le reti di recinzione, fino a scavalcarle e scappare per i campi, vanamente inseguiti dalla polizia a piedi o a cavallo, come nei film tra California e Messico.
Quella non era la verità, era un’apparenza. Perché faceva credere a noi e a tutta l’Europa che arrivasse un’umanità pericolosa e non integrabile, una minaccia per il decoro del nostro benessere. Scattava l’istinto di tenerli alla larga. Era l’istinto di conservazione, tanto più forte quanto più alto è il benessere da conservare. Questa strage di circa duecento uomini, donne e bambini, annegati in un crudele gioco di su e giù sulle onde di tre metri, ci butta in faccia una verità brutale che i nostri cervelli e i nostri nervi, intorpiditi dalla civiltà borghese nella quale siamo nati e nella quale moriremo, non ci permette più di cogliere. Ci metteremo giorni a capirla un po’, a ogni tg capiremo qualcosa di più. Non capiremo mai tutto, perché i tg evitano di spaventarci, di farci del male. E la strage fa male. Solo sapere che è avvenuta e che può ripetersi turba la nostra vita, non ci permette più di vivere come prima. Ora sappiamo che non scappano da una vita misera. Scappano dalla morte, e attraversano la morte pur di scappare.
Se la vis a tergo fosse un miglioramento della vita, non potrebbe spingerli per giorni e notti, farli navigare senza direzione, mal guidati da qualche rudimentale strumento che fa della loro navigazione un lungo tuffo nel buio fra acqua e cielo. Spesso il motore si rompe, manca l’acqua, e loro si mettono a pregare, singolarmente o in coro. È la «morte lenta», che può durare anche giorni e giorni. Fino a diventare indefinibile: in qualche salvataggio si scopriva che a bordo c’era qualcuno già morto da tempo, che i vivi non avevano le forze per sollevarlo oltre la sponda. Altre volte dai racconti si poteva dedurre che qualcuno era stato buttato fuori della barca senza la certezza che fosse morto".

p.s. A proposito della ecatombe in mare il vignettista Vauro in pochi tratti è di un'eloquenza terribile. Sulla prima pagina del manifesto disegna un mare in cui affogano bambini e adulti, uomini e donne. E sotto la scritta Fora dai ball.

mercoledì 6 aprile 2011

Allarmi siam fascisti, terror dei comunisti!

Ha ragione il Fatto Quotidiano: "Nel Pdl sono ormai senza freni. E nessuno li ferma". Già, proprio così. La proposta di abolire la norma che vieta la ricostituzione del partito fascista, avanzata da un esponente del Pdl, sembrerebbe una semplice provocazione. A che fine? Tutti si sono affrettati a zittire gli anonimi proponenti con toni di imbarazzo ma quella boutade non deve essere sottovalutata perché va nella direzione, annunciata quotidianamente da Silvio Berlusconi, di smontare pezzo per pezzo tutta l'architettura della costituzione repubblicana. L'autonomia della magistratura e con essa la separazione dei poteri voluta dai costituenti è l'obiettivo più ambizioso ma perché intanto non abolire anche quella "fastidiosa" norma che parla di apologia di fascismo? Immagino già il tono dei dibattiti: ma a che serve quella norma? Se non si può più parlare di distinzione tra destra e sinistra perché tenere ancora in vita la contrapposizione tra fascismo e antifascismo, mandiamo al macero quasi cent'anni di storia, di tradizioni culturali e politiche antifasciste e ripartiamo da capo.
Assunta Almirante andrà al talk show di radio 24, la zanzara, a spiegarci che finalmente gli italiani hanno capito il messaggio di suo marito e comincerà una discussione stucchevole sull'anacronismo dell'antifascismo. Semplicemente indecente. Ancora più indecente è la tecnica: un gruppo di parlamentari del Pdl la butta lì come se si trattasse di decidere sull'amministrazione di un condominio, subito dopo c'è un coro di diniego, e poi dopo qualche mese, magari, come per il processo breve, la proposta ce la ritroviamo in parlamento pronta ad essere votata da una maggioranza blindata, la stessa che fa finta di credere che Ruby sia la nipote di Mubarak. E' una tecnica ormai sperimentata. Perché secondo voi hanno sollevato il conflitto di attribuzione? Non perché sono davvero convinti di quella stronzata che tentano di farci ingoiare ma perché sanno che Silvio Berlusconi non potrà essere processato dal tribunale dei ministri, (tribunale che sarebbe composto da 3 magistrati presi a caso dalla procura di Milano), senza un voto favorevole al processo della sua maggioranza! Ve l'immaginate la maggioranza di governo che dà il consenso a processare Berlusconi al tribunale dei ministri. Se non fosse in malafede Berlusconi sarebbe il primo a impegnarsi fin d'ora a farsi processare dal tribunale dei ministri, qualora la consulta decida in tal senso. Ma questo ce lo possiamo aspettare da uno statista non dal cavaliere di Arcore.

martedì 5 aprile 2011

Berlusconi: lenta ma costante erosione di consensi

Quattro in condotta. I sondaggisti danno in forte calo la popolarità di Silvio Berlusconi. Il fatto poi che il cavaliere non rilasci da un po' di tempo dichiarazioni roboanti su quanto gli italiani lo amano è un buon segno. Bisogna andare cauti, non commettere l'errore che la sinistra a commesso in questi anni quando lo ha dato per spacciato prima del tempo, perché anche in passato l'inquilino di palazzo Chigi ha subito delle debacle di consensi ma poi, dopo un momento di disorientamento, ha saputo reagire come un leone e grazie anche al suo potere mediatico e alla sua capacità demagogico-comunicative in campagna elettorale, è riuscito a risalire la china e a stravincere di nuovo. L'uomo è tenace e non va sottovalutato mai.
Oggi Renato Mannheimer sul Corsera scrive delle cose interessanti a questo proposito: "La popolarità di Berlusconi vede confermato il trend di progressiva diminuzione già avviatosi nei mesi scorsi. Non si tratta, si badi, di un crollo, né di una brusca caduta ma dell'erodersi lento, giorno dopo giorno, degli ampi consensi popolari conquistati nel recente passato". Alla richiesta di un voto da 1 a 10 un terzo dà un 6 al premier, i restanti due terzi si dividono tra chi (61%) dà un voto negativo e chi 5% non ha un opinione. Il voto medio rilevabile è un sonoro 4. Mannheimer osserva che in sé il dato non è grave perché anche altri leader europei hanno subito la stessa sorte. "Ciò che potrebbe preoccupare il premier è il trend, la continua erosione di consensi". Non ha torto Mannheimer, ciò che spaventa il premier non sono tanto gli sbalzi verso il basso o verso l'alto ma la costante erosione a partire da settembre scorso quando poteva ancora contare su un 40% dei consensi e prima ancora sul 50%.
L'altro dato non ancora acclarato ma ormai evidente e clamoroso è il calo di consensi che sta subendo la Lega di Umberto Bossi. Lo ha osservato - ad esempio - Carlo Fusi sul Messaggero, scrivendo di un problema di consenso elettorale "non più occultabile". Il campanello d'allarme ha cominciato a suonare quando la Lega ha trattato con disprezzo le commemorazioni del 150esimo anniversario dell'unità d'Italia, sottovalutando lo spirito di appartenenza degli italiani alla nazione. Oggi Bossi reagisce scomposto, è costretto a urlare il suo "fora di ball" per recuperare la parte più razzista o più spaventata dai flussi migratori del popolo leghista ma non si sa se quel "fora di ball" gli porterà davvero consensi. Pare di no.

domenica 3 aprile 2011

l'Aquila dimenticata. La crisi della Lega

So che c'è il rischio di fare la rassegna stampa scritta della rassegna stampa a voce che ho fatto come ogni mattina sul giornale online www.linkiesta.it Ma credo che in alcuni casi decodificare alcuni argomenti comparsi sui quotidiani non faccia male. Il primo riguarda la cosiddetta "crisi della Lega", analizzata oggi sul Corriere della Sera da Ernesto Galli Della Loggia, il secondo è relativo al terremoto dell'Aquila, (308 morti e 1600 feriti). Partiamo da quest'ultimo. Il tragico evento sul quale Silvio Berlusconi ha costruito il suo consenso grazie alla filosofia gattopardesca del "perché tutti cambi è bene che niente cambi", è stato letteralmente dimenticato dal governo e dalle istituzioni. Come scrive oggi in un lucido editoriale Paolo Graldi sul Messaggero: "Il Centro storico dell'Aquila, due anni dopo è immobile, immoto: del suo passato si rivedono, come apparvero all'alba del 6 aprile 2009 solo macerie: nel suo futuro dilaga un deserto di impegni disattesi, di promesse non mantenute, di progetti lasciati sulla carta e di sogni di rinascita raggelati da una lunga stagione di inadempienze". L'annunciata ricostruzione non c'è stata: "L'Aquila, città d'arte e di monumenti alla storia e della storia sono rimasti intatti nella loro quasi totale distruzione". Quando Sabina Guzzanti è uscita con il lungometraggio, "Draquila, l'Italia che trema", una feroce critica alla gestione mediatica del terremoto da parte del Cavaliere di Arcore, qualche benpensante e anche qualche esponente della sinistra ha detto che la Guzzanti non era politically correct. A due anni da quel tragico evento si può dire che la Guzzanti è stata coraggiosa e realista. Vengono in mente le parole del premier a Lampedusa: "Apriremo casinò, campi da golf, vi faremo avere detrazioni fiscali e il premio Nobel...". Mi sa che la Guzzanti dovrà fare un altro lungometraggio: "Lampedelusa".

L'altro tema di rilievo del giorno è la crisi della Lega. Una crisi che si sintetizza in queste battute di Ernesto Galli Della Loggia: "la crisi della leadership berlusconiana a stento riesce a mascherare un'altra crisi che sta esplodendo in questi giorni: la crisi della Lega". Le immagini della fuga degli emigranti da Manduria, "mostrano l'impotenza del ministro Maroni che non sa che pesci prendere proprio sul tema forse più caro all'ideologia del suo partito: quello dell'immigrazione". La tesi di Ernesto Galli Della Loggia è che la Lega non sa essere partito di governo, ha proposto un bluff che è la Padania, è subalterna e dunque destinata ad entrare in crisi. Tesi interessante su cui riflettere ma che non necessariamente avrà dei riflessi in termini elettorali. Basta frequentare un bar qualsiasi del nord Italia per capire cosa pensano i ceti popolari e quelli medi del tema dell'emigrazione. Il popolo leghista, sempre in crescita elettorale, pensa purtroppo quello che Bossi ha detto ad alta voce: "Fuori dalle balle". E' di questo che si preoccupa Silvio Berlusconi, che non può essere trascinato più di tanto dalle logiche della Lega. Ma fino ad ora nei confronti del premier ha vinto il ricatto: senza la lega il Pdl non va da nessuna parte e quindi deve sottostare ai suoi diktat padani. Fino quando nessuno lo sa.

sabato 2 aprile 2011

Giuliano Ferrara perde peso

Sembra che le performances serali di Giuliano Ferrara non vadano granchè bene in termini di ascolti. Il fedelissimo di Silvio Berlusconi doveva risollevare gli ascolti disastrosi di Augusto Minzolini e invece pare che peggiori la situazione. Se è così è una buona notizia. La volgare apologia di Berlusconi mascherata da riflessione politica, la difesa spregiudicata delle leggi ad personam, la strizzatina d'occhio al ciarpame di nani e ballerine che si aggirano ad Arcore evidentemente non fanno breccia tra gli ascoltatori più accorti. Per una semplice ragione il furbastro Giuliano Ferrara è poco credibile anche per quegli ascoltatori che appartengono al centro destra. D'altronde c'è un precedente recente che avrebbe dovuto far riflettere i dirigenti della Rai: il caso Radio 24, emittente della Confindustria, oggi diretta dal buon Fabio Tamburini. Quando circa due anni fa i confindustriali presero la malsana decisione di licenziare il direttore Giancarlo Santalmassi, che pure aveva portato gli ascolti a vette mai più valicate, l'audience della radio crollò nel giro di pochi mesi. Per arginare il disastro i dirigenti del gruppo confindustriale presero un'altra malsana decisione, affidarono a Giuliano Ferrara il programma chiave del mattino, convinti di poter risollevare le sorti della Radio, salvata solo recentemente dalla gestione Tamburini. Invece fu un flop clamoroso, pesante come la mole del conduttore. Infatti nel giro di un mese Ferrara fu liquidato e al suo posto venne chiamato Oscar Giannino. Ma è evidente che il programma di Ferrara non è stata una scelta imprenditoriale ma politica: creare qualche contrappeso a Santoro e Floris. Ma abbiamo il sospetto che anche in questa occasione l'improbabile Mauro Masi abbia fatto una scelta sbagliata.
P.s. Non si può non essere d'accordo con Alex Stille. "In nessun paese al mondo - scrive Marco Travaglio, riportando l'opinione di Stille - uno che ha fatto il ministro, il portavoce e il candidato di Berlusconi, che gli paga tre stipendi al Foglio, a Panorama e al Giornale", potrebbe andare alla tv di Stato a elogiare il premier. In Italia sì. Indovinate come mai?

venerdì 1 aprile 2011

"Taci, handicappata del cazzo..."

Alle porte non ci sono i barbari, c'è soltanto un gigantesco flusso migratorio provocato dalle guerre, dalla povertà, dai conflitti del nord Africa e sullo sfondo dall'esplosione del divario nord-sud del mondo coltivato per decenni dalle potenze occidentali con forme di colonialismo. Il gioco non c'è l'egemonia dell'impero sulle provincie ma più banalmente l'indomabile conflitto d'interesse del premier Silvio Berlusconi, che si ostina a piegare la legislazione italiana ai suoi interessi politici e giudiziari. Eppure quelle scene che abbiamo visto ieri in Parlamento ricordavano i racconti che gli autori latini ci hanno lasciato a proposito degli scontri nel Senato Romano ai tempi di Lucio Aurelio Commodo, l'mperatore romano, figlio del grande imperatore filosofo Marco Aurelio, che segnò l'inizio della caduta dell'impero romano d'occidente.
Il punto di maggiore indecenza non è stato il vaffanculo di La Russa a Fini e neppure la tessera lanciata da Alfano verso i banche dell'Idv. La scena più sconcertante è materializzata nel tempio della Repubblca quando dai banchi del Carroccio qualcuno ha gridato, rivolgendosi a Ileana Argentin: "Non fate parlare quell'handicappata del cazzo". E' la stessa Ileana Argentin a raccontarlo a Repubblica. Ora tutti si scusano con la parlamentare del Pd ma quel gesto resterà una macchia indelebile nella storia del parlamento italiano. Perché tutto ciò? Come mai questo clima di tensione? Non per stabilire quale sarà la disastrosa politica estera italiana, non per recuperare le gaffe del ministro degli esteri, non per rettificare la gestione della politica migratoria attuata da Maroni, non per stabilire quale politica adottare per la ripresa economica ma per accelerare i tempi del processo breve che eviterà a Berlusconi anche il primo grado del processo Mills. Siamo sempre lì, fino a quando non si rimuoverà l'ostacolo Berlusconi e il suo fardello giudiziario il parlamento non potrà funzionare. Ma solo gli italiani potranno decidere se e quando liberarsi della zavorra.

giovedì 31 marzo 2011

Basso Impero


Risse in parlamento, truffe finanziarie, tragedie umanitarie. Cronache da basso impero...

"Spettacolo al di sotto della decenza", titola oggi la Stampa a proposito del "vaffanculo" lanciato da Ignazio La Russa a Gianfranco Fini. Quel titolo a cui ne sono seguiti altri come "Golpista e bugiardo" del Fatto Quotidiano riferito al cavaliere o "Delitto perfetto" della Repubblica a proposito del processo breve, sarebbe andato bene anche per descrivere la farsa di Silvio Berlusconi a Lampedusa mentre morivano in mare 11 migranti tra cui un bambino. Una giornata da basso impero a cui io e molti italiani avrebbero fatto volentieri a meno. E' evidente che la demagogia non ha limiti a Palazzo Chigi: parlare di premio Nobel per l'isola, annunciare l'acquisto di una villa e l'apertura di un Casinò, (Non un casino!), e promettere la "pulizia" emigranti in 48 ore per fare un po' di populismo da quattro soldi e arginare una politica migratoria disastrosa è davvero di cattivo gusto. Indecenza allo stato puro. Il guaio è che l'inquilino di palazzo Chigi fa su serio, è senza pudore e pensa soltanto ai fatti suoi: perché se l'è presa con Ignazio La Russa, tanto che il Giornale oggi ipotizza le dimissioni del ministro della difesa? Non per il vaffanculo a Gianfranco Fini, ma perché con quel gesto inconsulto La Russa gli ha rovinato l'impatto mediatico dello show di Lampedusa e rischia di frenare l'approvazione della norma sul processo breve. Che come tutti sanno bloccherà definitivamente, appena sarà legge, il processo più temuto dal cavaliere, il processo Mills. E questa cosa Berlusconi non la può sopportare. Anche perché alcuni sondaggi sono proprio brutti per l'uomo di Arcore: il consenso per il premier è passato dal 27,7% del nove dicembre al 22,5%.P.s. Sui quotidiani di oggi non ci sono soltanto le cronache da basso impero della politica, c'è anche il mondo reale e criminale: una truffa sui bond falsi da 565 miliardi di dollari e un "problemino" per le imprese italiane e le famiglie: la tanto decantata Basilea 3 avrà come risultato minori prestiti da parte delle banche per 436 miliardi con effetti devastanti sull'economia reale e dunque sull'occupazione. Ma questo non è un problema di Berlusconi.

martedì 29 marzo 2011

Berlusconi dà i numeri. E il ministro Bossi anche

Talvolta fare la rassegna stampa dei nostri quotidiani è nauseante. E viene voglia di abbandonarlo questo bel paese. Come si fa a sopportare quotidianamente i discorsi che il nostro amato premier fa tutti i santi giorni contro il complotto dei magistrati, contro i pm comunisti, contro i comunisti amici dei Pm, contro la Corte Costituzionale, contro la stampa nemica, al solo fine di difendere i suoi interessi, sparando tra l'altro cazzate spesso contradditorie sul numero dei suoi processi e sulla presunta persecuzione giudiziaria? "Mille magistrati si sono occupati di me", ha ripetuto anche ieri. Ma se sono meno di seimila in tutto il territorio nazionale! Ma che cosa dice signor presidente? Perché non spiega agli italiani che lei ha paralizzato per anni il parlamento italiano per tentare di approvare leggi ad personam? Evidente il presidente del consiglio pensa che gli italiani siano tutti scemi. O, ipotesi più inquietante, è sicuro che a furia di dare i numeri su emittenti pubbliche e private e a parlare di complotti, riesca ancora una volta a convincerli. Cosa, purtroppo, molto più probabile. E ancora, come è possibile che un ministro della Repubblica, tipo Umberto Bossi, risponda al dramma dell'immigrazione dovuta a sottosviluppo e tragedie belliche con un "fuori dalle balle"? Ma che cazzo di ministro é? Ma ha ragione Antonio Padellaro sul Fatto Quotidiano: "Vada lui fuori dalle balle". Insomma, scusate lo sfogo, ma davvero non se ne può più di questo ingombrante Cavaliere di Arcore e della sua corte. Speriamo che gli italiani lo capiscano presto sennò questo paese diventa davvero invivibile.

lunedì 28 marzo 2011

Forum, Rete 4, quando la fiction diventa macabra

Forse aveva ragione il grande filosofo francese Jean Baudrillard: nell'epoca della tv la realtà scompare e l'unica cosa che resta è l'immagine televisiva. Se un evento non accade in tv, non accade tout court. E se accade il tv anche la realtà stenta a smentirlo. La disparition du monde réel la definiva Baudrillard. La geniale intuizione del filosofo francese a proposito del potere immenso della tv non può tuttavia consolarci quando leggiamo tristi performances mediatiche come quella andata in scena nella trasmissione di Rita dalla Chiesa su Rete quattro. Marina Villa, 50 anni, aquilana, racconta di essere una commerciante di abiti da sposa, ma soprattutto dai microfoni dell'emittente Mediaset racconta il post terremoto come il migliore dei mondi possibili, e la ricostruzione attuata dal governo Berlusconi, come la più efficiente che gli aquilani potevano desiderare. Poi si scopre che quella signora non è neppure aquilana. è una finta terremotata e dulcis in fundo per recitare quella parte si è messa in tasca un gettone di 300 euro. In un'intervista a Repubblica, Rita Dalla Chiesa, Berlusconiana doc, si difende dall'accusa di aver organizzato uno spot per il cavaliere di Arcore, ma è poco credibile. E comunque il fattaccio è accaduto. Durissima la lettera di una terremotata: "Volevo fare sapere a quella signora che si è prestata alla sceneggiata che nessuna vittima ha avuto la possibilità di indossare abiti da sposa, i nostri figli ci sono stati riconsegnati in sacchi di plastica". Che dire di questa oscenità? I giornalisti più cinici ripeteranno la celebre frase presa da un film: "E' la stampa bellezza". Noi a costo di essere noiosi ripetiamo: "E' il conflitto d'interesse bellezza".

domenica 27 marzo 2011

Silvio Forever

Ieri sera ho visto Silvio Forever, il film documentario che fa tanto discutere giustizialisti e non, anti berlusconiani e fans del cavaliere. A me il documentario è piaciuto ma l'amarezza che ti rimane alla fine della proiezione è grande: ti vengono in mente le parole accreditate a Winston Churchil, a Ernesto Nathan Rogers e addirittura a Lenin : "Ogni popolo ha il governo che si merita". Già proprio così. Se ce ne fosse ancora bisogno il documentario ti spiega perché Silvio Berlusconi dopo 17 anni dalla sua discesa in campo vince ancora le elezioni: perché una parte degli italiani è come lui. Ovvero lui incarna meglio di ogni altro personaggio politico l'italiano medio. Nel documentario c'è qualche omissione: quando il documentario curato da Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo torna alle origini della irresistibile ascesa del cavaliere di Arcore, si dimentica di citare, ad esempio, i rapporti tra Berlusconi e Vittorio Mangano, il mafioso che visse ad Arcore per anni. Una macchia indelebile nella biografia di Silvio Berlusconi. Ma al di là di quell'omissione piuttosto vistosa e facilmente documentabile, dal film-documetario diretto da Faenza e Macelloni emergono tutte le sfaccettature di un personaggio furbo, scaltro, abile negli affari, capace di intuire il potere della tv e la potenza della pubblicità e capace al tempo stesso di raccontare agli italiani una montagna di bugie. Ma soprattuto capace di cogliere il peggio dello spirito degli italiani. Le barzellette, le corna, il machismo, lo sfrenato individualismo sono tutti valori che lui si porta dietro con orgoglio e che una parte degli italiani plaude. Da questo punto di vista il film, facendo parlare i documenti, colpisce nel segno e tratteggia un personaggio poco credibile, lontano mille miglia dall'identikit dello statista. Chissà cosa ne pensa Silvio Berlusconi di quel documentario. Io se fossi in lui non sarei contento.

sabato 26 marzo 2011

Masi e la rai. Obama e la Siria. Berlusconi e la Libia.

Intanto una buona notizia: Mauro Masi lascia la Rai. Le motivazioni con le quali viene liquidato il direttore generale non consentono di farci sperare nulla di buono. Masi sarebbe stato messo alla porta dal suo capo azienda, Silvio Berlusconi, per manifesta incapacità di chiudere trasmissioni come Report, Annozero, Ballarò. Insomma, troppo tenero con i "nemici" del Cavaliere. Sembra tra l'altro che il bilanciamento di Ferrara, nonostante la mole,, non funzioni. Pensate a che punto siamo arrivati! Ora c'è il rischio di dover difendere anche Masi dalle ingerenze di Berlusconi. E questo tra l'altro ci dice che chi verrà al suo posto sarà peggio di lui. Ma comunque sia la Rai avrà una zavorra in meno. Chi se ne intende sostiene che Masi sia stato uno dei peggiori direttori della Rai da decenni a questa parte. E se anche Minzolini facesse le valige sarebbe un'altra buona notizia. Anche perché è difficile trovare uno peggio di lui.
Lasciando da parte le nostrane notizie da basso impero, sul fronte internazionale, come ci spiega il corrispondente della Stampa a New York, Maurizio Molinari, c'è da registrare una notizia interessante: il durissimo discorso fatto da Barak Obama sulla Siria e sulla repressione in atto in quel paese. Un discorso che mostra quale sarà la strategia degli Usa nel nord-africa: appoggio alle rivolte popolari e linea dura con i dittatori.
Altra notizia di un certo interesse è quella che emerge dal colloquio di Francesco Verderami sul Corsera con Silvio Berlusconi. Il capo del governo sostiene che la mediazione con Gheddafi è un impresa impossibile. Il Raiss non accetterà l'esilio o cose simili e resisterà fino alla morte. Una dichiarazione politicamente rilevante. Non si capisce allora perché il capo del governo italiano con queste premesse abbia scelto la via diplomatica. Forse per garantirsi negli affari un posto di primo piano con i successori di Gheddafi? Insomma, come scriveva il buon Karl Marx sono quasi sempre gli interessi che guidano le scelte politiche. Un principio che vale soprattuto per il nostro amato premier.

venerdì 25 marzo 2011

Ma mi faccia il piacere ministro!

Il neo ministro Saverio Romano sente il peso di Cavour ma non quello delle parole di Giorgio Napolitano. Siamo messi davvero male.


"Sento il peso di Cavour". Parola di Saverio Romano, neo ministro del governo Berlusconi malgrado le indagini per collusioni con la mafia a suo carico. Non ci volevo credere! Quando stamattina stavo preparando la consueta rassegna stampa per linkiesta, quel titolo di prima pagina del quotidiano la Stampa mi ha dato una botta di adrenalina. Sì, avete capito bene! Il neo ministro, dimezzato da una nota durissima del Quirinale, uno che a sentire i suoi amici si intende di agricoltura molto ma molto meno del mio ortolano sotto casa, sente il peso di Cavour! Invece di sentire il peso delle scelte fatte in passato come ad esempio non aver votato la norma che ha reso permanente il carcere duro per i boss mafiosi. Invece di sentire il peso dei dubbi espressi da Giorno Napolitano e magari non accettare l'incarico, lui sente il peso di Cavour. Diceva Totò: "Ma mi faccia il piacere!".

giovedì 24 marzo 2011

Due bari a palazzo: un presidente e un ministro

Se fossi il ministro Angelino Alfano avrei vergogna ad andare in giro per talk-show. Ma ve lo ricordate alla trasmissione di Lucia Annunziata quando annunciò che il processo breve sarebbe stato messo da parte in nome della Grande Riforma Costituzionale sulla Giustizia? Io me lo ricordo e devo confessarvi che per un momento ci ho creduto. Anche Lucia Annunziata secondo me ci ha creduto. Ma probabilmente aveva ragione Giulio Andreotti, a pensar male non si sbaglia quasi mai in questo nostro paese. Mentre infuriavano le polemiche sulla tragedia libica il popolino della libertà in un sol colpo è riuscito a far passare le norme sul processo breve che potrebbero mandare in prescrizione il processo Mills e a far votare ai responsabili, tra cui il neo ministro Romano, indagato per collusione con la mafia, il conflitto di attribuzione sul caso Rubygate. Come antipasto della riforma della giustizia non c'è male! Complimenti presidente Berlusconi! Complimenti ministro Alfano! I bari sono dei dilettanti al vostro confronto!

martedì 22 marzo 2011

La politica estera di Silvio.

Proverò da oggi a riaprire questo blog rimasto silente per due anni con qualche riflessione ispirata alla rassegna stampa che ogni mattina, dal lunedì al sabato, faccio sul giornale online www.linkiesta.it.
La prima cosa che mi viene in mente è la constatazione di quello che accade attorno a noi. L'Africa ci dice che il mondo sta cambiando, il Giappone che l'equilibrio del nostro pianeta è più precario che mai ma la nostra politica viaggia a raso terra.
Prendiamo la politica estera di questo governo: è davvero deprimente. A parte l'inconsistenza clamorosa del ministro Frattini, il nostro presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, nel giro di una settimana è passato dalla preoccupazione di non disturbare Gheddafi, al desiderio di diventare protagonista dell'impresa bellica, alla delusione per aver constatato di essere considerato poco o nulla dagli alleati fino al pentimento di ieri: "Sono addolorato per Gheddafi. Gli aerei italiani non bombardano la Libia". Se questi chiari di luna fossero dovuti a un serio ripensamento sarebbero forse giustificati, ma è evidente che tutto ciò nasce dalla paura politico-elettorale di una rottura con la Lega di Umberto Bossi. Oggi dunque nello stesso governo convivono tre anime, quella di Ignazio La Russa, ministro della guerra, che si è fatto prendere dalla parte in commedia, quella di Silvio Berlusconi, dettato nelle sue scelte dall'amicizia con il Rais e quella della Lega, che soffia sul fuoco dei flussi immigratori per difendere la sua identità padana. E' sopportabile tutto ciò in una situazione internazionale come quella che viviamo? E' possibile che la quinta o la sesta potenza mondiale sia così ondivaga? Io credo di no, ma nella fantasiosa Italia, tutto è possibile.