Verità e bugie su Michele Sindona
Michele Sindona, il finanziere anticomunista amico di Richard Nixon, l'uomo che Giulio Andreotti definì il salvatore della lira, lo scaltro finanziere che fu condannato in primo grado come mandante dell'omicidio di Giorgio Ambrosoli, il banchiere della P2 fermato nella sua irresistibile ascesa ai poteri economici e finanziari da Ugo La Malfa e Enrico Cuccia, beve un caffè carico di cianuro il 20 marzo del 1986 alle 8 del mattino. Morirà dopo un`agonia di 54 ore. Al carcere di massima sicurezza di Voghera, quinto reparto, è l`ora della colazione: isolato da porte blindate, controllato da telecamere a circuito chiuso, sorvegliato da 15 guardie divise in cinque turni in continua rotazione, c`è dal 22 ottobre ` 84, da quando l`hanno estradato dagli Stati Uniti.
Come tutte le mattine, il caffè e il latte per Sindona vengono messi in thermos sterilizzati e chiusi a chiave in un contenitore di metallo. Ad aprirli sono cinque agenti. È lo stesso finanziere siciliano a miscelare la colazione sulla soglia della cella sotto lo sguardo dei suoi custodi. Sindona porta il caffè alla bocca, voltandosi verso il bagno. Gli agenti richiudono la porta e lo osservano dallo spioncino. È l`attimo fatale: vedono Sindona prima barcollare, poi stramazzare a terra gridando: « Mi hanno avvelenato... ». Finisce così la vita dell'avventuroso banchiere siciliano. Ma dal momento in cui le agenzie di stampa battono per prime la notizia della sua morte, inizia la storia di un altro dei tanti misteri d'Italia. Il mistero Sindona, appunto, come recita il libro di Nick Tosches edito da Alet.
Un complotto giudiziario che si conclude con un omicido politico voluto dai suoi nemici? Nelle carte giudiziarie relative all'inchiesta che si aprì dopo la morte di Michele Sindona non c'è traccia di questa suggestiva ipotesi, l'avvelenamento viene rubricato dagli inquirenti come suicidio e l'accusa di avvelenamento come una sceneggiata. Anche di recente Gianni Simoni e Giuliano Turone, i due autori di un altro libro sul banchiere, "Il caffè di Sindona", sposano la tesi del suicidio. Nick Tosches, tuttavia, fa aleggiare come un fantasma questa ipotesi dell'omicidio politico. D'altronde nelle 327 pagine è quasi sempre Michele Sindona a parlare e l'autore del libro avvalora in pieno le sue tesi, senza mai avvalersi della documentazione giudiziaria che mostrava la deriva criminale di Michele Sindona. Certo non si fanno nomi di possibili mandanti, nè si propongono documenti che smentiscano la condanna di primo grado per l'omicidio di Giorgio Ambrosoli o la condanna per bancarotta della Franklin Bank o ancora indizi sull'ipotesi dell' omicidio perfetto che si sarebbe consumato nel carcere di Voghera ma tutto l'impianto del suo libro e la ricostruzione miniziosa dell'ascesa dei banchiere siciliano avvalorano il grido di dolore di Sindona prima di morire: "Mi hanno avvelenato". E la lettera che lo stesso Michele Sindona scrive al suo biografo Nick Tosches, il 18 marzo del 1986, due giorni prima di aver bevuto il caffè al cianuro, indica indirettamente le ragioni di un possibile omicidio. Anzi, in qualche modo lo annuncia: "Dopo la odierna sentenza della Corte d'Assise i miei avversari - scrive Sindona - avranno paura della mia reazione e cercheranno di eliminarmi anche fisicamente". Anche in questo caso non ci sono elementi fattuali o possibili mandanti ma i fatti citati dal banchiere toccano nel vivo la vicenda dell'Ambrosiano e i personaggio che ruotano attorno a quello che sarà il crocevia di tutta la criminalità politica ed economica di quegli anni. "1) Il regalo di 21 milioni di dollari - scrive Sindona - di proprietà del Banco Ambrosiano fatto da Roberto Calvi al primo ministro italiano Bettino Craxi. 2) Il pagamento ai partiti politici di oltre 300 miliardi di lire negli anni dal 1969 al 1974 da parte di società italiane quotate in Borsa, con fondi neri". A proposito del secondo punto Sindona spara a zero sull'uomo che dal libro di Tosches emerge come il vero nemico del banchiere: Enrico Cuccia, allora deus ex machina dei poteri economico finanziari in Italia. "Ho fornito a Guido Viola - scrive ancora Sindona - i documenti che dimostravano, tra l'altro, che Enrico Cuccia era stato l'intermediario per tali pagamenti con l'aiuto della società finanziaria Spafid". Nel suo libro-confessione Sindona nega ovviamente di avere mai avuto a che fare con ambienti mafiosi e nel ribattere lancia un'accusa pesante quando afferma senza mezzi termini che una delle banche della mafia a Milano era la banca Rasini. Ovvero una piccola banca milanese, nata negli anni ed inglobata nella Popolare di Lodi nel 1992. Il motivo principale della sua fama è che tra i suoi clienti principali si annoveravano i criminali Pippo Calò, Bernardo Provenzano e Totò Riina e, dulci in fundo, Silvio Berlusconi il cui padre Luigi Berlusconi lavorava come funzionario. In una edizio e precedente si parlava semplicemente di una piccola banca milanese poi si è deciso di fare il nome della banca Rasini.
Da un punto di vista editoriale vi è una stranezza che va sottolineata. Il libro di Nick Tosches viene aperto da uno scritto di Gianni Barbacetto che in 19 pagine smonta l'impianto dell'autore, propone una versione radicalmente diversa su Michele Sindona, quasi un controcanto che avvalora, a differenza dell'autore, gli impianti accusatori che escono da quasi tutti gli atti giudiziari su Michele Sindona.
Riflessioni di un giornalista su ciò che accade in Italia e nel mondo. La verità è la voce dell'anima.
"La televisione uccide la realtà". Baudrillard
"La realta' e' stata sterminata e con essa e' scomparsa ogni illusione: la realizzazione totale del mondo, la fabbricazione di un mondo perfettamente identico a quello umano hanno provocato la fine del nostro mondo imperfetto. La televisione? Certo e' stata un complice importante di questo delitto. Proponendoci un raddoppiamento del mondo, i media offrono un' immagine che sempre piu' fa a meno di ogni riferimento al reale, un' immagine di sintesi che ha preso il sopravvento sulla realta' stessa. Non c' e' piu' dialettica, perche' l' immagine si presenta come universo autonomo senza negativita' . L' immagine riproduce immagini e basta, non e' piu' rappresentazione non ha piu' bisogno di un avvenimento reale per generarsi". Jean Baudrillard
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