"La televisione uccide la realtà". Baudrillard

"La realta' e' stata sterminata e con essa e' scomparsa ogni illusione: la realizzazione totale del mondo, la fabbricazione di un mondo perfettamente identico a quello umano hanno provocato la fine del nostro mondo imperfetto. La televisione? Certo e' stata un complice importante di questo delitto. Proponendoci un raddoppiamento del mondo, i media offrono un' immagine che sempre piu' fa a meno di ogni riferimento al reale, un' immagine di sintesi che ha preso il sopravvento sulla realta' stessa. Non c' e' piu' dialettica, perche' l' immagine si presenta come universo autonomo senza negativita' . L' immagine riproduce immagini e basta, non e' piu' rappresentazione non ha piu' bisogno di un avvenimento reale per generarsi". Jean Baudrillard

martedì 17 novembre 2009

Quando Berlusconi telefonò alla Compagnia delle Opere

Ecco un altra delle tante anomalie del nostro capo di governo raccontata in un mio articolo del gennaio 2002. Alcuni dei fatti qui raccontati sono superati ma la politica ad personam del presidente del consiglio non è cambiata dal 2002 a proposito della giustizia.

BRUNO PERINI

La telefonata arriva sul cellulare del presidente della Compagnia delle Opere,
Giorgio Vittadini, i primi giorni di gennaio di quest'anno. E' Silvio Berlusconi
che parla. Chi ha la possibilità di ascoltare il colloquio telefonico racconta
che il capo del governo con tono concitato chiede all'amico Vittadini di
convincere il giudice a latere del processo Sme, Giorgio Brambilla, vicino a
Comunione e Liberazione, a lasciare il tribunale che lo dovrà giudicare assieme
al fedele Cesare Previti, per corruzione in atti giudiziari. Quando i più
stretti collaboratori del presidente del consiglio vengono a conoscenza di
quell'episodio capiscono qual è l'incubo che disturba il sonno del "capo". Il
Presidente si è esposto in prima persona perché è seriamente preoccupato di come
stanno andando le cose nei processi che riguardano lui e l'amico Previti. Sa che
le sentenze potrebbero arrivare in autunno e che un'eventuale condanna per
corruzione in atti giudiziari non sarebbe digerita dal Quirinale. Quel processo
va distrutto costi quel che costi. Il blitz sul processo Sme, tuttavia, non
riesce. Se Brambilla se ne fosse andato il processo sarebbe cominciato da capo e
forse il Presidente del Consiglio avrebbe potuto evitare di piegare le
istituzioni della Repubblica ai suoi interessi giudiziari come è avvenuto ieri
in Senato. Ma così non è stato. E da quel momento Silvio Berlusconi pensa a una
strategia d'attacco più generale, che metta in discussione non soltanto un
giudice o un tribunale ma gli spazi stessi di democrazia, la stessa separazione
dei poteri pensata dalla Costituzione.

L'episodio che abbiamo raccontato, di per sé gravissimo, (manifesto del 12
gennaio 2002), rappresenta in qualche modo l'inizio dello strisciante golpe
bianco organizzato nei dettagli dal premier, dallo stesso Previti, dai
legali-dipendenti di Berlusconi e da tutto l'establishment del capo del governo.
Così come il colpo di mano istituzionale che si è consumato al Senato è il punto
di precipizio di una politica sulla giustizia che il governo Berlusconi ha
preparato in modo minuzioso dal primo giorno del suo insediamento. Gli uomini
che devono preparere l'assalto alla magistratura vengono scelti e collocati
personalmente da Berlusconi: così Carlo Nordio viene incaricato di riscrivere il
codice penale, mentre Gaetano Pecorella diventa Giano bifronte: è al tempo
stesso penalista di Berlusconi nei processi milanesi e presidente della
Commissione Giustizia.

Paolo Sylos Labini, parlando di illegalità organizzata del governo Berlusconi,
osserva giustamente che il vero conflitto d'interesse del capo del governo è
prima di tutto giudiziario. Dopo aver risolto alcune cosette di famiglia, come
l'abolizione della tassa di successione, il cavaliere nei suoi primi cento
giorni si dedica infatti alle cose serie e parte lancia in resta contro le
rogatorie. La ragione è banale: i documenti ottenuti per rogatoria sono un
elemento di prova decisivo nei processi a carico di Silvio Berlusconi, Cesare
Previti e Marcello Dell'Utri. Creare ostacoli alle rogatorie significa ritardare
i processi in corso e guadagnarsi, dove è possibile, la prescrizione dei reati.
La scelta dei tempi tra l'altro è infelicissima: la legge sulle rogatorie viene
varata poco prima dell'11 settembre, quando le autorità internazionali avrebbero
bisogno di una legislazione più snella per scoprire le connection di Al Quaeda.
Le critiche della stampa conservatrice internazionale sono feroci. Il Los
Angeles Times accusa addirittura il governo italiano di rendere più difficile la
caccia al terrorismo internazionale ma Berlusconi si fa un baffo di quelle
critiche e racconta nei salotti dei suoi fedeli che sicuramente dietro il
quotidiano californiano ci sono dei comunisti.

Il secondo punto del programma ad personam di Silvio Berlusconi riguarda
l'abolizione del reato di falso in bilancio. L'uomo che è più attivo nel
modificare e annacquare la legislazione precedente è proprio l'ex militante
della sinistra extraparlamentare Gaetano Pecorella, oggi penalista di Berlusconi
assieme a Niccolò Ghedini, in una serie di processi nei quali, guarda caso, a
Berlusconi viene contestato proprio il falso in bilancio. L'abolizione del reato
di falso in bilancio piace molto ad alcuni imprenditori italiani ma viene
guardato con grande sospetto all'estero. Anche in questo caso il tempismo di
Berlusconi è eccezionale: l'abolizione di uno dei più gravi reati in materia di
criminalità economica avviene alla vigilia della più grave crisi che attraversa
il capitalismo americano, ammorbato proprio dal falso in bilancio. Così mentre
Bush, suo malgrado, sarà costretto ad introdurre leggi severissime sul falso in
bilancio, gli imprenditori corrotti di Enron e WorldCom potranno sempre chiedere
al loro collega Berlusconi cittadinanza italiana. Qui, con la legislazione
varata dal governo del cavaliere, saranno in una botte di ferro.

Al capo del governo, tuttavia, non basta la legislazione che lo tutela dai reati
che gli sono contestati. E non gli basta neppure un mostro giuridico come la
legge sul conflitto d'interessi che gli garantisce di essere al tempo stesso
capo del governo e azionista di controllo di Mediaset, presidente del consiglio
e azionista di banche, assicurazioni e grandi gruppi industriali. La spina nel
fianco di Berlusconi è la giustizia. E' per questo che, dopo aver creato quella
che somiglia a una rete di protezione per la criminalità economica, si dedica
con tutto il suo esercito alla guerra finale contro la magistratura.

Con una tecnica da guastatori i legali di Berlusconi iniziano la loro opera
demolitrice nei processi Sme e Imi-Sir, (unificati successivamente con il
processo per il Lodo Mondadori), con raffiche di contestazioni. Spesso l'azione
dei legali è combinata con attacchi al Csm o all'Associazione nazionale
magistrati. Le pressioni sui giudici, tuttavia non funzionano. E come abbiamo
scritto sopra, non funzionano neppure le pressioni fatte dal capo del governo in
persona per cacciare il giudice Brambilla dal processo Sme.

Dopo un'ondata di ricusazioni dei loro giudici naturali, gli imputati Silvio
Berlusconi e Cesare Previti decidono quindi la sfida finale. All'udienza del
primo marzo di quest'anno Niccolò Ghedini, difensore di Berlusconi deposita
presso la prima sezione penale del tribunale di Milano un'istanza di 66 pagine
nella quala chiede alla Corte di Cassazione che i processi a carico del duo
Berlusconi-Previti vengano spostati in altra sede. E' una decisione che alza il
tiro dello scontro ma che rimane ancora in ambito processuale. Palazzo Chigi ha
in serbo un'altra arma: quella dell'immunità parlamentare. I consiglieri di
Palazzo Chigi sono convinti che la maggioranza parlamentare possa riuscire a far
passare la cosiddetta ipotesi spagnola, ovvero la legge che blocca tutti i
procedimenti penali a carico dei parlamentari. Di preparare la proposta di legge
s'incarica il forzista Nitto Paola. La sua proposta viene travolta dalle
critiche ma non è questo il motivo per cui Berlusconi blocca il suo consigliere.
L'ipotesi spagnola è piena di trappole, perché assieme al processo viene
congelata anche la prescrizione. E nei casi di condanna c'è la clausola della
non rielezione. Meglio il legittimo sospetto.

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